OSPITI DELLA LINGUA. TRA-DURRE PER NON TRA-DIRE

 

In questo secondo giorno di SabirFest, gli studenti del Liceo Ainis hanno partecipato al Laboratorio di traduzione “Ospiti della lingua. Tra-durre per non tra-dire” coordinato da Barbara Sommovigo, professoressa di Letteratura francese presso l’università di Pisa.

Come può la traduzione nel bacino mediterraneo, proporsi come portatrice di quei principi di “cortesia”, di apertura e accoglienza cui il festival si ispira?

Come non tradire una lingua, come rispettarla e permettere che le sfumature di significato possano trasportarsi da un lato all’altro del nostro mare?

Corso di Laurea in Lingua e Traduzione Maria Grazia, Marta ed Elisa in un percorso laboratoriale di traduzione di un testo il lingua francese dell’autore algerino Azouz Begag.

Nato a Lione nel 1957 da genitori algerini, Begag in diversi scritti rivolti soprattutto ai più giovani, ha cercato di promuovere l’integrazione delle seconde generazioni sottolineando le difficoltà, da lui stesso vissute, di crescere in un ambiente in cui le differenze culturali possono divenire un elemento di distinzione e di conseguente esclusione.

Ne è un esempio il testo La leçon Francisse, in cui con ironia e sensibilità racconta il confronto tra un bambino francese di origine algerina e il padre. Attraverso un incontro-scontro linguistico l’autore riesce a far emergere la distanza latente di mondi di significato che lega i due protagonisti, il figlio nato e cresciuto in Francia, ed il padre, emigrato, legato a doppio filo con paese di origine.

In un testo in cui la creolizzazione della lingua è il mezzo attraverso il quale si riescono ad esprimere i sensi e i significati ultimi della narrazione, la questione della traduzione diviene fondamentale per permettere una restituzione completa. La traduzione diviene il veicolo attraverso cui restituire mondi in movimento.

Il titolo stesso dell’opera permette di comprendere come la questione linguistica sia di fondamentale importanza; francisse, infatti non è altro che la resa orale con cui il padre intende esprimere la parola “francese”, francaise.

Il traduttore, dunque deve operare scelte: mantenere parole in lingua originale, o creare neologismi che riescano ad esprimere lo stesso concetto della lingua di partenza in italiano?

Questo è ciò in cui si sono cimentati gli studenti: il laboratorio si è espresso come momento di creazione linguistica di neologismi che potessero rispettare la lingua di partenza, il francese, la lingua d’arrivo, l’italiano, e la lingua intermedia, in questo caso l’arabo; si è manifestato inoltre come momento di scelte, un momento per ripensare insieme alla lingua come capace di costruire e creare concetti e mondi di senso.

La studentessa Elisa Martellini, che sta scrivendo la sua tesi di traduzione proprio su questo testo, ha spiegato, infine, quali sono state le modalità con cui fronte a questo testo.

Ad esempio afferma che “per creare delle nuove parole, che rispettassero le regole e i codici interni al testo, e nello stesso tempo permettessero una resa coerente in italiano ho studiato le modalità con cui gli arabofoni si esprimono in italiano”.

Attraverso questo interessante viaggio all’interno delle lingue mediterranee si è potuto scoprire come la traduzione possa divenire un ulteriore mezzo di comprensione dell’altro, per accoglierlo e un veicolo di decostruzione della rigidità e la fissità con cui si è soliti esprimerlo, anche a parole.

 

Per chi fosse interessato alla traduzione dal francese all’italiano è possibile consultare e contribuire al blog degli studenti ed insegnanti del Corso di Laurea in lingua e traduzione di Pisa: La bottega delle parole.

 

di Sara Rawash per SabirFest 2017